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Rare che… la conoscenza “sdemonizza”: un viaggio tra abilismo, diversità e disabilità invisibili.

di Sebastiano Crisafulli, Stefano Gelibter e Jacopo Perugini*

 

“È molto facile accettare e amare chi è uguale a noi, ma con qualcuno che è diverso è molto difficile”- Luis Sepulveda

Negli ultimi anni il panorama sociologico mondiale sta via via mutando. La tendenza di vedere nella diversità del genere umano una ricchezza e nel riconoscere, allo stesso tempo però, che per quanto diversi siamo, anche tutti parte dello stesso gruppo e che siamo tutti uniti in questo, sta sempre di mettendo radici.

Lotte per i diritti della comunità LGBTQI+, per il diritto all’affermazione dell’identità di genere, per il trattamento paritario tra uomini e donne, per contrastare la violenza sulle donne ed il femminicidio, per combattere la discriminazione razziale, gli stereotipi, l’abilismo e per contrastare tutto ciò che invece di unirci ci divide stanno infiammando il mondo.

Tra queste cause, che comunque tutti ritengo dovremmo abbracciare e portare avanti, a noi medici, e forse a noi Neurologi in particolare, sta molto a cuore la lotta contro l’abilismo, contro la discriminazione della disabilità. Questa lotta è una di quelle che ha ancora molta strada davanti e con cui noi Neurologi ci scontriamo frequentemente.
Negli ultimi anni è emerso come questa lotta sia strutturata su più piani, per cui si parla di piramide dell’abilismo: questi piani di discriminazione possono essere raggruppati in due sottogruppi, il primo che raggruppa una serie di discriminazioni ormai socialmente inaccettabili nella maggior parte del mondo, ed un secondo invece dove le discriminazioni ancora sono socialmente tollerate, in quanto considerate meno gravi e/o lesive o semplicemente, perché meno appariscenti.

Più che di una piramide potremmo parlare di un iceberg, dove la punta che emerge è rappresentata dalle discriminazioni evidenti e inaccettabili, quali crimini di odio, violenza e brutalità sulla base della disabilità o l’esclusione e la segregazione sulla base della disabilità, per cui le lotte sociali hanno portato a una consistente, seppur ancor parziale, riduzione della incidenza di queste fenomeni, mentre una fetta consistente del ghiaccio dell’iceberg rimane ancora non evidente ai più.

Parliamo in questo caso di discriminazioni più silenti ed invisibili, o meno visibili ed appariscenti, come la mancanza di spazi e strutture adeguate per persone con disabilità o l’assenza di adeguato sostegno da parte degli Stati, alla minimizzazione o all’eccessivo paternalismo che si verificano nei confronti delle persone disibili, o ancor più, l’indifferenza. Tutte queste forme di discriminazione, meno lampanti e meno “flashy”, rendono comunque la vita ancora più complessa.

Ancor più nascoste sotto la superficie del mare sono poi le disabilità “invisibili” con cui spesso molti dei nostri pazienti con malattie neurologiche devono convivere, ma che essendo appunto “invisibili”, non vengono percepite dal mondo esterno, spesso anche dalle stesse persone gli sono più vicine.

Frequente, per esempio, noi neurologi abbiamo a che fare con persone, che per la loro malattia, come nel caso della Sclerosi Multipla e delle malattie autoimmuni, vanno incontro a condizioni quali fatica cronica, facile affaticabilità, dolori diffusi cronici o problemi di attenzione e concentrazioni, che li limitano nella loro giornata, ma che, per l’assenza di segni “evidenti” della loro disabilità, come possono essere delle stampelle o una carrozzina, non vengono considerati, pur mettendoli alla prova tanto quanto.

Quando poi la disabilità che li contraddistingue è  causata da una malattia rara, le cose si complicano ulteriormente: gli anni passati a cercare senza ottenere una risposta, l’assenza di un gruppo folto di persone che abbiano la stessa malattia e problematiche affini alle tue con cui poter creare un legame di supporto o anche solo confrontarsi, l’assenza di trattamenti e spesso anche di fondi per la ricerca e la scarsa conoscenze diffusa di tali patologie, risultano invalidanti psicologicamente quasi quanto una stampella o una carrozzina. è il caso ad esempio delle malattie quali la Miastenia Gravis, la malattia di Pompe, la Neuromielite ottica, la Neuropatia ottica ereditaria di Leber e di tanti altri disturbi di cui pochi al di fuori del ramo, anche all’interno della stessa categoria medica, possono dire di conoscere.

“Il vero viaggio di scoperta non consiste nel trovare nuovi territori, ma nel possedere altri occhi, vedere l’universo attraverso gli occhi di un altro, di centinaia d’altri: di osservare il centinaio di universi che ciascuno di loro osserva, che ciascuno di loro è”- Marcel Proust

Un’arma nella lotta all’abilismo per questi pazienti è sicuramente la conoscenza di queste malattia e la comprensione dell’isolamento, della disabilità e del carico emotivo e psicologico che queste hanno. Ignorare queste malattia, non conoscerle, sono cose che ci dividono gli uni dagli altri, appesantendo una condizione già di per sé non semplice.

Rare che è un progetto a cui abbiamo aderito in quanto, sebbene non una soluzione definitiva, entra nell’armamentario della lotta alla discriminazione all’abilismo, in quanto la conoscenza di qualcosa ci aiuta sempre a comprenderla meglio e ad avvicinarci ad essa, senza esserne spaventati. Come abbiamo conosciuto che ci sono tipi diversi di famiglia, ci sono persone dalla pelle diversa, dalle idee diverse, dalle culture diverse, così ci sono persone con disabilità diverse e malattie diverse e solo conoscendo possiamo evitare di cadere in errori di minimizzazione, indifferenza, paternalismo, pietà non richiesta o violenza fisica/psicologica.

“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario.”- Primo levi

 

 

*Neurologo, Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta

*Neurologo, Ospedale Niguarda di Milano

 

 

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Rare che… la conoscenza “sdemonizza”: un viaggio tra abilismo, diversità e disabilità invisibili.

di Sebastiano Crisafulli, Stefano Gelibter e Jacopo Perugini*

 

“È molto facile accettare e amare chi è uguale a noi, ma con qualcuno che è diverso è molto difficile”- Luis Sepulveda

Negli ultimi anni il panorama sociologico mondiale sta via via mutando. La tendenza di vedere nella diversità del genere umano una ricchezza e nel riconoscere, allo stesso tempo però, che per quanto diversi siamo, anche tutti parte dello stesso gruppo e che siamo tutti uniti in questo, sta sempre di mettendo radici.

Lotte per i diritti della comunità LGBTQI+, per il diritto all’affermazione dell’identità di genere, per il trattamento paritario tra uomini e donne, per contrastare la violenza sulle donne ed il femminicidio, per combattere la discriminazione razziale, gli stereotipi, l’abilismo e per contrastare tutto ciò che invece di unirci ci divide stanno infiammando il mondo.

Tra queste cause, che comunque tutti ritengo dovremmo abbracciare e portare avanti, a noi medici, e forse a noi Neurologi in particolare, sta molto a cuore la lotta contro l’abilismo, contro la discriminazione della disabilità. Questa lotta è una di quelle che ha ancora molta strada davanti e con cui noi Neurologi ci scontriamo frequentemente.
Negli ultimi anni è emerso come questa lotta sia strutturata su più piani, per cui si parla di piramide dell’abilismo: questi piani di discriminazione possono essere raggruppati in due sottogruppi, il primo che raggruppa una serie di discriminazioni ormai socialmente inaccettabili nella maggior parte del mondo, ed un secondo invece dove le discriminazioni ancora sono socialmente tollerate, in quanto considerate meno gravi e/o lesive o semplicemente, perché meno appariscenti.

Più che di una piramide potremmo parlare di un iceberg, dove la punta che emerge è rappresentata dalle discriminazioni evidenti e inaccettabili, quali crimini di odio, violenza e brutalità sulla base della disabilità o l’esclusione e la segregazione sulla base della disabilità, per cui le lotte sociali hanno portato a una consistente, seppur ancor parziale, riduzione della incidenza di queste fenomeni, mentre una fetta consistente del ghiaccio dell’iceberg rimane ancora non evidente ai più.

Parliamo in questo caso di discriminazioni più silenti ed invisibili, o meno visibili ed appariscenti, come la mancanza di spazi e strutture adeguate per persone con disabilità o l’assenza di adeguato sostegno da parte degli Stati, alla minimizzazione o all’eccessivo paternalismo che si verificano nei confronti delle persone disibili, o ancor più, l’indifferenza. Tutte queste forme di discriminazione, meno lampanti e meno “flashy”, rendono comunque la vita ancora più complessa.

Ancor più nascoste sotto la superficie del mare sono poi le disabilità “invisibili” con cui spesso molti dei nostri pazienti con malattie neurologiche devono convivere, ma che essendo appunto “invisibili”, non vengono percepite dal mondo esterno, spesso anche dalle stesse persone gli sono più vicine.

Frequente, per esempio, noi neurologi abbiamo a che fare con persone, che per la loro malattia, come nel caso della Sclerosi Multipla e delle malattie autoimmuni, vanno incontro a condizioni quali fatica cronica, facile affaticabilità, dolori diffusi cronici o problemi di attenzione e concentrazioni, che li limitano nella loro giornata, ma che, per l’assenza di segni “evidenti” della loro disabilità, come possono essere delle stampelle o una carrozzina, non vengono considerati, pur mettendoli alla prova tanto quanto.

Quando poi la disabilità che li contraddistingue è  causata da una malattia rara, le cose si complicano ulteriormente: gli anni passati a cercare senza ottenere una risposta, l’assenza di un gruppo folto di persone che abbiano la stessa malattia e problematiche affini alle tue con cui poter creare un legame di supporto o anche solo confrontarsi, l’assenza di trattamenti e spesso anche di fondi per la ricerca e la scarsa conoscenze diffusa di tali patologie, risultano invalidanti psicologicamente quasi quanto una stampella o una carrozzina. è il caso ad esempio delle malattie quali la Miastenia Gravis, la malattia di Pompe, la Neuromielite ottica, la Neuropatia ottica ereditaria di Leber e di tanti altri disturbi di cui pochi al di fuori del ramo, anche all’interno della stessa categoria medica, possono dire di conoscere.

“Il vero viaggio di scoperta non consiste nel trovare nuovi territori, ma nel possedere altri occhi, vedere l’universo attraverso gli occhi di un altro, di centinaia d’altri: di osservare il centinaio di universi che ciascuno di loro osserva, che ciascuno di loro è”- Marcel Proust

Un’arma nella lotta all’abilismo per questi pazienti è sicuramente la conoscenza di queste malattia e la comprensione dell’isolamento, della disabilità e del carico emotivo e psicologico che queste hanno. Ignorare queste malattia, non conoscerle, sono cose che ci dividono gli uni dagli altri, appesantendo una condizione già di per sé non semplice.

Rare che è un progetto a cui abbiamo aderito in quanto, sebbene non una soluzione definitiva, entra nell’armamentario della lotta alla discriminazione all’abilismo, in quanto la conoscenza di qualcosa ci aiuta sempre a comprenderla meglio e ad avvicinarci ad essa, senza esserne spaventati. Come abbiamo conosciuto che ci sono tipi diversi di famiglia, ci sono persone dalla pelle diversa, dalle idee diverse, dalle culture diverse, così ci sono persone con disabilità diverse e malattie diverse e solo conoscendo possiamo evitare di cadere in errori di minimizzazione, indifferenza, paternalismo, pietà non richiesta o violenza fisica/psicologica.

“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario.”- Primo levi

 

 

*Neurologo, Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta

*Neurologo, Ospedale Niguarda di Milano

 

 

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