di Sergio Giacomobono*
C’era una volta un giorno lasciato da solo.
Un giorno di quelli speciali, eppure solo.
Quei giorni che capitano di rado, pieni di mistero e carichi di aspettative. Aveva un colore ed una forma, ma non faceva nessun rumore, non poteva parlare e farsi sentire, confidava nell’aiuto dei microfoni altrui per avvertire della propria venuta.
Arrivava ogni quattro anni, in silenzio si adoperava per abbattere i muri che dividevano i pochi dai tanti, per superare le frontiere della supposta normalità. La solitudine di essere tra quei pochi, lui la conosceva bene, così come detestava il carico della sua diversità.
Era il 29 di febbraio, un giorno sì diverso dagli altri, diverso da tutti gli altri giorni, ma non per questo doveva essere allontanato, addirittura non considerato. Spariva dai calendari, anche dalla memoria di chi con lui era nato, dall’abitudine delle feste o di ogni celebrazione, dal ricordo di un lutto.
Era il 29 febbraio quando terminò l’assedio di Sarajevo, o quando un terremoto uccise un terzo della popolazione di Agadir in Marocco, o quando ci fu un colpo di stato ad Haiti, era il 29 febbraio quando Luca Barbarossa vinse il festival di San Remo.
È il giorno più raro dell’anno, cosa significa essere raro? Significa essere prezioso, unico, resiliente, ma sicuramente a volte anche solo.
Il 29 febbraio ricorre la Giornata Mondiale delle Malattie Rare, proprio per celebrare i malati rari, i caregiver, la comunità.
Nessuno a scuola aveva sentito parlare prima di malattie rare, neanche io.
In Europa una malattia si definisce rara quando colpisce non più di 5 persone ogni 10mila. Si conoscono tra le 6mila e le 8mila malattie rare, molto diverse tra loro ma spesso con comuni problemi di ritardo nella diagnosi, mancanza di una cura, o grave carico assistenziale.
Le malattie rare che si manifestano con maggiore frequenza sono le malformazioni congenite, le malattie delle ghiandole endocrine e i disturbi immunitari (20%) in età pediatrica, mentre le malattie rare più frequenti nella popolazione adulta appartengono al gruppo delle patologie del sistema nervoso o del sangue.
In Italia si stima che siano più di un milione le persone con malattia rara di cui la maggior parte bambini o adolescenti.
Parliamo di persone che dentro la loro malattia hanno ancora più difficoltà, vivono con malattie poco conosciute anche tra i medici. Proprio la rarità della condizione rende difficile sviluppare e studiare trattamenti specifici, così come ottimizzare percorsi adeguati di gestione della malattia.
Il servizio sanitario italiano cerca di tutelare i malati rari garantendo l’esenzione da ticket per le prestazioni mediche necessarie per il trattamento e monitoraggio della malattia, ma il problema è che spesso la malattia stessa non viene accertata o lo viene fatto in ritardo. Il malato raro è sottoposto a visite ed esami innumerevoli prima di avere una diagnosi corretta, e il più delle volte non può comunque essere curato con farmaci sviluppati per combattere la sua malattia. Mancano investimenti su patologie di nicchia, soprattutto manca conoscenza sul processo di malattia. Tutto è più difficile di fronte ad una malattia rara.
Per questo è importante il 29 febbraio, in questo giorno la rarità diventa rivincita e ricchezza, unicità da valorizzare e mai discriminare. La giornata delle Malattie Rare riesce a portare l’attenzione su questo problema sanitario, a far sentire meno soli i malati rari e a coinvolgere più interlocutori possibili in modo che agiscano per rendere equa la rarità, almeno nella malattia.
Perché sia equo l’accesso alla diagnosi, al trattamento e alle cure.
Perché chi tra di noi conosce un malato raro possa aiutarlo, perché tutti siano un giorno in grado di vedere, includere e sostenere la rarità, e questo ogni giorno dell’anno non solo il 29 febbraio.
Fonti:
tratto da “About Science Junior – Science in High School”
https://www.osservatoriomalattierare.it/malattie-rare
ISS 2015
*(3E) Studente, Liceo Classico Milano